Libertà Gravel

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Articolo a cura di Maurizio Gunelli | Rivista BC, Numero 64 Estate 2023

Tutti matti per la gravel. Termine che alla lettera sta per "ghiaia, breccia, ghiaino” e, in senso lato, “percorso sterrato”; ma che per gli amanti della bici identifica invece un mezzo che consente di percorrere in sicurezza - lontani dall’asfalto e dal traffico - quelle strade bianche affrontate dal ciclismo dei pionieri, rivalutate e persino esportate in tutto il mondo sull’onda del modello Eroica. Di pari passo con una voglia crescente di cicloturismo, il fenomeno gravel è un trend che non conosce flessioni e confini: nella vicina Austria, per esempio, il Tirolo si è appena accreditato come prima “regione gravel bike friendly” con una proposta che comprende 18 piste dedicate, oltre 1.000 km di sterrati e 58 strutture ricettive. I dati comunicati dalla Tirol Werbung GmbH parlano, per tutto il paese, di 13mila gravel vendute e un +38% del fatturato.

SICUREZZA OFFROAD E in casa nostra? Gli indicatori economici convergono verso la stessa direzione. Nell’ultimo report sul mercato della bicicletta, elaborato da Ancma-Confindustria, nel 2022 fa capolino per la prima volta la categoria gravel: tra le muscolari il segmento corsa/gravel equivale a un 8%, a seguire dopo mtb (29%), city/trekking (26%), bici da ragazzo (15%). Come fa notare Piero Nigrelli, responsabile del settore ciclo di Ancma, «la gravel ha portato più mercato. È un segmento con numeri in crescita del 10% l’anno, percentuale che bilancia il calo nelle vendite delle bici da corsa». Una curiosa coincidenza che potrebbe in parte essere legata a una diversa percezione di sicurezza nella pratica offroad rispetto a quella su strada.

LE CONFIGURAZIONI Spesso più abbordabile in termini di costo di acquisto, più “stilosa” e quasi “da mostrare”, la gravel sfugge però a una rigida catalogazione. Imparentata alla lontana con la bici da ciclocross ma non con quelle da cicloturismo e trekking, rispetto ai modelli da strada ha una geometria del telaio meno spinta e un’impostazione più eretta, il che la rende più maneggevole e più comoda su fondi sconnessi, grazie anche a un maggiore interasse, a un diverso manubrio (J bar) e a pneumatici tassellati più larghi (fino a 36-38-44 mm e più, con foderi posteriori più distanziati), montati su cerchi a basso profilo e gonfiati a una pressione che è circa la metà di quella usata sulle bici da corsa. Quanto al telaio, budget e preferenze individuali fanno indirizzare verso la fibra di carbonio (leggera ma in grado di assorbire vibrazioni e asperità del terreno), l’alluminio o l’acciaio. Guarniture con mono o doppia corona anteriore, pedali per scarpe con tacchette in stile mtb, freni a disco idraulici o a filo, cavi passanti interni a manubrio e telaio, fori e supporti per portaborse, borracce e kit attrezzi accomunano in genere le configurazioni più diffuse.

PERCORSI RITROVATI «Gravel non è un tipo di bicicletta rigorosamente definita, sarebbe ‘grave’ se lo fosse» premette Stefano Munarin, docente di urbanistica alla Iuav di Venezia e appassionato gravelista. «In fondo – prosegue – io, come tanti, ho imparato a pedalare proprio sugli sterrati, quelle vie che confinano con corsi d’acqua e terreni coltivati che dalle mie parti ancora qualcuno chiama caresoni o trosi». Gravel vuole dire scoperta, esplorazione e un po’ d’avventura, ma quanto basta, quanto uno ne vuole. «Tra il cicloturismo e le ultra trail - continua Munarin - hai tutta una gamma di possibilità: un weekend posso fare la Veneto Gravel di 400 km bikepacking, e quello dopo le tranquille pedalate intorno alla laguna di Venezia del festival Pavè». Gravel è anche condivisione di esperienze, serenità, felicità di pedalare ognuno alla propria velocità e secondo il proprio stato di forma. «Potremmo definirla un’attività ‘No Limits’. Nel senso che non ce ne sono proprio: parti quando vuoi, pedala con chi vuoi, incontra, lascia, ritrova, fermati, fotografa, bevi e poi riparti e arrivi…». Un modo di pedalare che, per l’urbanista, «sta facendo riemergere una fitta trama di percorsi - carrarecce, argini, strade bianche, strade minori o declassate, ex ferrovie, antiche vie - di cui è fittamente intessuto il nostro Paese che era attraversabile ancor prima dell’avvento dei mezzi a motore. È una rete che definisco ‘labirinto di libertà’, riprendendo il nome dal libro Antiche vie di Robert Macfarlane. Un bellissimo ossimoro, perché al labirinto di norma associamo l’immagine del vincolo, della prigione».

MERCATI GRAVEL Una libertà che affascina, certificata anche dal report 2022 della app di Garmin che fotografa le attività registrate dai milioni di utenti del device in tutto il mondo: per il ciclismo lieve crescita (+8%) delle tracce su strada, boom dell’offroad, con un +40% di attività su sterrato. Una libertà cui l’industria offre risposte sempre più variegate. «Un po' come avvenuto nelle mtb negli anni ’90 - spiega Francesco Munaron, pr e media specialist di Wilier Triestina - il successo del gravel è determinato dal fatto che non c’è una vera e propria definizione di questa bici. Il consumatore è portato a sperimentare ed è più aperto a sposare le proposte delle aziende. Come dimostrano le scelte nostre e di altri marchi sul mercato, questa tipologia di bici può avere differenti declinazioni che si evolveranno sempre di più nel corso degli anni». Wilier suddivide il mercato gravel in tre sottocategorie: racing/competitivo, all-round/versatile, bikepacking/avventura ed esplorazione; e se si prepara a un deciso sviluppo del segmento gravel racing (nel 2022 il Veneto ha ospitato la prima edizione dei mondiali gravel, riconosciuta dall’Unione ciclistica internazionale), dall’altro annuncia la novità di un modello destinato al backpacking con freni idraulici, luci, portapacchi e borse integrate. Ma lo sguardo va oltre, il futuro sembra avere in serbo molte novità. La sfida riguarderà tecnologie innovative: nuove leghe, monitoraggio e regolazione in diretta delle pressioni di gonfiaggio degli pneumatici, sicurezza attiva e passiva (luci, radar, sistemi frenanti, Abs).

UN NUOVO PUBBLICO Il tutto al servizio di un pubblico che non è certo quello dell’amatore evoluto, frequentatore abituale delle Granfondo. Esattamente quel pubblico intercettato dalla Bottega del Romeo, negozio storico “di paese” (risale al 1935) sulle rive del Lago Maggiore, a Ispra. «La gravel? Rispetto alla bici da corsa è un’alternativa meno ‘spinta’, un modo di vivere la bici meno esasperato» fa notare Lorenzo Franzetti, che con la moglie Alessandra gestisce l’attività. La Bottega vende gravel su una fascia di prezzo media a clienti tra i 25 e i 50 anni, spesso seconde bici dopo quella da strada: «Quelle in acciaio di nostra produzione - continua Franzetti - hanno un telaio meno rigido e più confortevole, in alternativa c’è l’alluminio con forcella in carbonio. La gravel funziona su un pubblico nuovo, e questo è un bene». Un nuovo pubblico, e un nuovo mercato, che hanno richiamato l’interesse anche da altri settori, come nel caso della Givi, azienda bresciana leader mondiale per borse e accessori moto. «L’esperienza della pandemia e il manifestarsi di esigenze per nuove forme di mobilità ci hanno spinto a creare Givi-Bike, una business unit indipendente con un suo sito di e-commerce» racconta Miriam Martinazzoli, a capo della comunicazione in Givi spa. E la proposta di Givi-Bike è specifica per i possessori di mtb e gravel. Un universo in evidente evoluzione quello del gravel, ma che, puntualizza Munarin, deve sfuggire a una trappola. «Non dobbiamo autorifugiarci sulle strade bianche, così come non dobbiamo autorifugiarci sulle piste ciclabili: dobbiamo ricordare, dimostrare e rivendicare che la strada, le strade sono eminente e preminente spazio pubblico delle nostre città e dei nostri territori».

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